I pattern the Noodles di John Blond |Collater.al

2022-08-20 06:01:28 By : Mr. Owen Wu

Ogni artista, consciamente o inconsciamente, vorrebbe che le sue opere fossero riconoscibili senza bisogno di una firma o una targhetta di accompagnamento. Per riuscire a raggiungere questo livello, o questo obiettivo, bisogna avere un’idea chiara e vincente. È quella che ha avuto John Blond, visual artist e designer catanese conosciuto per i suoi pattern chiamati “Noodles”. 

John Blond ha cominciato facendo graffiti all’età di dodici anni, utilizzando le bombolette spray vendute dalla tabaccheria della madre. Con gli anni ha messo a punto questi pattern formati da linee nere e bold su sfondi monocolore dai toni brillanti e accesi.

SI tratta di pattern semplici, con una forte identità visiva, facilmente riconoscibili, ma soprattutto che si adattano a diverse superfici e mezzi. Proprio per questo motivo possiamo trovare i suoi “Noodles” declinati in murale interni ed esterni, in tele, come motivo decorativo per bottiglie, vasi, teiere, tessuti e tanto altro. Alcuni dei suoi prodotti fanno parte della linea “Noodles by John Blond” in vendita sul suo sito. 

Oltre allo sviluppo dei suoi progetti personali, attualmente lavora come designer per lo studio di design e sviluppo web The Wave e ha anche co-fondato la rivista indipendente che parla di street art e street culture Graffgo Magazine. Il prossimo weekend, sabato 16 ottobre, Graffgo presenterà ufficialmente al pubblico il nuovo numero intitolato “A new chapter of our life” con un incontro dal vivo ospitato all’interno dello streetwear shop catanese Mewa Store di via Mariosangiorgi 59. 

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Negli scorsi giorni ha inaugurato nel suggestivo borgo del basso Tirreno cosentino di Fiumefreddo Bruzio il Fiumefreddo Photo Festival. L’evento dedicato alla fotografia contemporanea è alla sua prima edizione e ospita artisti italiani e internazionali, oltre ad una sezione dedicata ai fotografi emergenti. Fino al 10 settembre l’evento ospiterà gli scatti degli artisti, insieme a eventi, talk e workshop che approfondiranno il tema dell’edizione, intitolata “MIDWAY: between past and future”. L’obiettivo dei progetti è quello di descrivere il tempo che ci appartiene ma anche di suscitare perplessità e innescare dubbi, approfondendo il tema della salvaguardia ambientale e climatica e alle ricadute culturali, politiche e sociali che questa innesca.

Tra i nomi protagonisti del festival ci sono Misha Vallejo Prut, con il suo racconto della comunità indigena Kichwa di Sarayaku (in Ecuador), Marco Zorzanello e le sue immagini di come il settore del turismo stia reagendo agli effetti del cambiamento climatico e Gabriele Cecconi, in mostra con un’indagine fotografica sul micro-cosmo del Kuwait. Tra gli altri poi anche Giacomo d’Orlando e le sue serre subacquee, Fabian Albertini e Alex Urso. La vincitrice della call dedicata ai fotografi emergenti è Bianca Maldini, che al festival presenterà “Una volta qualcuno mi disse”, progetto espositivo che nasce da una ricerca personale sull’incredibile, sull’irrazionale. Dai uno sguardo a 10 delle migliori fotografie in mostra a Fiumefreddo Photo Festival, una terrazza sul mondo che si apre nel cuore del Mezzogiorno d’Italia.

Il fotografo neozelandese Cody Ellingham crede che esistano due versioni di Hong Kong: una reale che esiste con i suoi grattacieli monumentali e una che ricordiamo con affetto nei nostri ricordi.  La serie “Fantasy city by the harbour” – dalla quale è nato anche un libro fotografico – nasce proprio dal tentativo di provare a capire come di possa tornare all’ “altra” Hong Kong, di cui rimangono solo i sogni e le atmosfere dense di neon e persone che freneticamente percorrono le strade della città asiatica.

Gli scatti mostrano principalmente l’architettura della città, studiata attraverso i momenti di calma della metropoli. Infatti non compaiono mai le persone, una sfida se si pensa che Hong Kong è una delle aree più densamente popolate del pianeta con i suoi 7 milioni di abitanti. Nelle strade quindi rimane sono il silenzio, interrotto dal ronzio dei neon, che Cody Ellingham utilizza per accentuale l’effetto estetico degli scorci, come fossero scenografie di un film futuristico ambientato in una città iper tecnologica tra androidi e macchine volanti. Il fotografo ha avuto modo di studiare la città durante i suoi frequenti viaggi, scegliendo i momenti di calma per rendere ancora più vivida e reale quella Hong Kong che persisteva nei suoi ricordi ma che era difficile ritrovare nella vita di tutti i giorni. La nebbia favorisce il clima di sospensione generale delle scene, i grandi billboard sembrano tv lasciate accese dopo essersi addormentati sul divano mentre le luci dei grattaceli smentiscono il tutto: la città non sta dormendo.

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